1/n: una regola che resiste alla prova del tempo

L’asset allocation non è una invenzione recente.

È da quasi duemila anni che si discute se ne esista una migliore delle altre, ma il dibattito è senza fine, perchè le variabili all’opera mutano nel tempo e con esse le discussioni su cosa sarà meglio nel futuro.

Noi, operatori finanziari del 3° millennio, siamo sicuramente intrisi della logica razionale di Markowitz e dei processi di ottimizzazione delle variabili.

I portafogli degli investitori, invece, spesso fanno riferimento ad una pratica in voga già nel 4° secolo d.C (SIC!).

A quel tempo Rabbi Issac bar Aha dava il seguente consiglio:

“Un uomo dovrebbe allocare il proprio denaro, un terzo nella terra, un terzo in merci (quello che ti serve per vivere e lavorare) e un terzo in disponibilità che devono rimanere a portata di mano (oggi diremmo liquidità)”.*

Rabbi Issac bar Aha non era sicuramente un gestore di patrimoni (forse era più un gestore di anime), ma dava voce ad una pratica che riteneva efficace per l’epoca: la regola del pollice 1/n.

Cosa significa? Significa suddividere in egual misura il risparmio tra le n opzioni che abbiamo a disposizione.

Questa regola ha attraversato i secoli ed oggi è ancora utilizzata nella pratica.

I cultori di pesi e di misure esatte potrebbero inorridire guardando questo modus operandi, ma ancora dopo la crisi finanziaria del 2008 uno studio di Victor DeMiguel (“Optimal versus Naive Diversification”) riportò a galla questa pratica con una grande eco**.

In questo studio si confrontava l’allocazione 1/n all’interno di un portafoglio azionario (come se fosse un benchmark) rispetto alle allocazioni che usavano il metodo della media-varianza di Markowitz e di una dozzina di altri metodi di allocazione complessi.

Il risultato fu che il portafoglio 1/n, in 6 casi su 7, andava meglio del portafoglio che usava la media-varianza.

A dirla tutta, nessuno degli altri metodi complessi riusciva a superare sistematicamente l’allocazione 1/n nel prevedere il valore futuro delle azioni!

Non dimentichiamo poi che lo stesso Markowitz applicò il metodo 1/n ai suoi risparmi pensionistici decidendo di investirli il 50% in azioni e il 50% in obbligazioni (in questo caso 1/2 e 1/2).

Il metodo 1/n nello studio di DeMiguel risultava competitivo per il semplice fatto che, rispetto ai processi di ottimizzazione, riusciva a catturare abbastanza bene l’andamento futuro di variabili come i rendimenti attesi o le varianze e covarianze delle singole posizioni di portafoglio.

Questo studio ebbe quindi, l’indubbio valore di mettere in evidenza i difetti dei modelli di ottimizzazione.

Tali risultati oltre a dare impulso al dibattito, spinsero l’industria a chiedersi:

Se ci concentrassimo solo su una delle due variabili, quella più facile da prevedere, riusciremmo a creare modelli di allocazione capaci di far stabilmente meglio della regola 1/n?

Fu proprio questa riflessione a spingere la diffusione delle strategie di asset allocation basate più su misure di rischio atteso, che sui rendimenti attesi. Le prime erano più stabili e riducevano notevolmente gli errori di valutazione sulle variabili future.***

Anche qui, però, la regola 1/n uscì dalla porta ma rientrò dalla finestra.

Una delle strategie di investimento che ebbe maggior successo, la “risk parity allocation” (o pensate anche alle strategie “All Weather”), sfruttava la regola 1/n nell’allocazione del rischio delle differenti asset class.****

Insomma, una regola ever green.

E per quanto riguarda il Goal Based Investing, cosa possiamo dire?

Nel Goal Based Investing sapete che il rischio non è espresso dalla volatilità, ma dalla probabilità di non raggiungere l’obiettivo.

Da ciò consegue che il tempo dell’obiettivo gioca un ruolo centrale nell’impostazione dell’asset allocation del portafoglio.

I portafogli saranno quindi costruiti per minimizzare da una parte, le probabilità che questi registrino una perdita a fine periodo e, dall’altra, che possano cogliere tutto quello che i mercati riusciranno a produrre in termini di rendimento nel tempo.

In pratica, i portafogli dovranno variare l’asset allocation man mano che ci si avvicina all’obiettivo, come mostrato nell’esempio qui sotto*****:

Questa tabella ci permette di fare una riflessione:

  • nella pratica quotidiana, come anche nella tabella, l’allocazione strategica dei portafogli sulle principali asset class non varia considerevolmente per periodi di tempo abbastanza vicini (ad esempio nei cluster 3-5 anni o 6-10 anni o 11-14 anni)
  • di conseguenza potrebbero essere sufficienti al massimo 3-4 portafogli con una flessibilità moderata per gestire l’insieme degli obiettivi dei clienti.

I 3 contenitori sarebbero patrimonializzati a seconda dei tempi iniziali dei differenti obiettivi e di conseguenza varierebbero la loro patrimonializzazione in base al tempo rimanente.

Ed eccoci! Ci risiamo!

Tale logica, a ben guardare, non è così distante dall’allocazione di Rabbi Issac bar Aha perchè:

  • le disponibilità a portata di mano coprivano gli obiettivi di breve;
  • l’investimento nelle merci serviva per gli obiettivi di vita di medio termine;
  • l’investimento nella terra permetteva l’incremento di ricchezza nel lungo termine e copriva gli obiettivi a lungo termine.

Ecco quindi che anche nel Goal Based Investing, potrebbe trovare applicazione qualcosa che si avvicina alla regola 1/n.

E questo avrebbe un suo senso, perchè:

  • anche gli obiettivi di vita (come le variabili dell’asset allocation) sono soggetti ad una certa variabilità nel tempo;
  • vogliamo utilizzare metodi di allocazione che evitino i rimpianti. Meglio che questi ultimi siano più flessibili e non troppo rigidi;
  • la semplicità dell’implementazione aiuta la comprensione e la diffusione del metodo.

*Talmud Babilonese, https://halakhah.com/babamezia/babamezia_42.html

**http://faculty.london.edu/avmiguel/DeMiguel-Garlappi-Uppal-RFS.pdf

***The Jury is Still OutOn the Performance of Naive Diversification (1/N rule), giugno 2020, https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3638713

**** ”Invece di dividere equamente l’allocazione tra ciascuna classe di attività, il risk party approach pondera in modo uguale il rischio di ciascuna classe di attività, in modo che ogni allocazione sia ugualmente volatile.”, https://www.morningstar.com/articles/1006410/what-is-the-neutral-portfolio

***** I valori di asset allocation sono solo esemplificativi e non forniscono alcuna indicazione di investimento.

Articoli che ti consiglio: