1994. Gli azionisti e i manager di Quaker Oats, la società proprietaria del marchio “Gatorade”*, si trovano a dover decidere sull’acquisizione di un nuovo marchio: “Snapple” (una bevanda a base di tè). Forti della capacità dimostrata con Gatorade di riuscire a fare di un prodotto locale un marchio globale, gli amministratori della società decidono di acquistare Snapple per 1,7 miliardi di dollari.
La cifra per l’epoca sembrò spropositata, e nonostante il beneficio del dubbio iniziale, si vide quasi subito l’errore marchiano fatto nella valutazione del prezzo di acquisizione. Tre anni dopo, la Quaker vendette la Snapple per meno del 20% del prezzo di acquisto. Questo valse il licenziamento dell’amministratore delegato e qualche anno dopo la perdita dell’indipendenza della società**. Tra i banchieri di investimento ancora oggi si dice che un affare è “Snapple” per indicare un macroscopico errore strategico.
2007. Gli investitori di mezzo mondo si trovano impantanati in una crisi che, ancora oggi, ha dell’incredibile: la crisi dei mutui subprime.
Tutti i modelli usati al tempo, nonché le analisi e i punteggi delle agenzie di rating, suggerivano che i prestiti che portarono quasi al collasso il sistema finanziario globale non fossero a rischio. Nonostante la quasi totalità degli investitori fosse ignara di quello che da lì a poco sarebbe accaduto, un piccolo sparuto gruppo di investitori si avvide della crisi incombente.
Uno di loro fu Michael Burry (poi interpretato da Christian Bale nel film “La grande scommessa” o in inglese “The Big Short”). Burry si accorse che se si fosse manifestata una flessione del mercato immobiliare i mutuatari, che erano fondamentalmente insolventi, non avrebbero avuto modo di restituire i prestiti ricevuti. Di conseguenza la bolla sarebbe scoppiata. Come scrisse in seguito: ”Nessuno a Washington mostrò il minimo interesse a sentire esattamente come fossi arrivato alle mie conclusioni”. Il fatto paradossale è però che neanche gli azionisti e i manager delle grandi banche d’affari e d’investimento globali si interessarono mai a sentire un’altra “campana”. Eppure sarebbero stati proprio loro a dover aver chiara l’idea della struttura complessa delle cartolarizzazioni dei mutui subprime e dei rischi relativi.
In tutti e due questi casi, si persero un sacco di soldi pensando di “non assumersi rischi particolarmente significativi”. Convinzione condivisa proprio a cominciare da coloro i quali dovevano invece averne una chiara percezione.
Se ci pensiamo bene, queste situazioni sono state un vero è proprio paradosso: nonostante si trascorra la maggior parte della vita a cercare di evitare di prendere rischi (per naturale avversione ad essi), quasi nessuno fu così lucido da subodorare l’imminente catastrofe.
Come è stato possibile?
È molto semplice. Essere avversi al rischio, non porta automaticamente ad evitare decisioni audaci (vedi Quaker Oats) o falsamente tranquille (vedi mutui subprime); in entrambe le occasioni il rischio non era per nulla visibile ai loro occhi!
Nella giornata mondiale del risparmio, il 31 ottobre 2022, le istituzioni hanno fatto il punto sul sentiment degli italiani e sulla loro capacità di risparmio e investimento. La circostanza è l’annuale incontro dell’ACRI***.
I dati sono chiari: il mutato contesto economico (forte inflazione) e geopolitico (guerra Russia-Ucraina) ha reso gli italiani più pessimisti sul futuro rispetto all’anno precedente: dal 30% del 2021 al 58% del 2022.
Cosa ne deriva? La percentuale di italiani che, per difendersi, accresce i risparmi liquidi o riduce gli investimenti è aumentata.
Eccoci, ci risiamo!
Anche in questo caso, come nei due citati precedentemente, siamo in una situazione dove si perdono molti soldi pur essendo convinti di “non aver assunto alcun rischio significativo”.
Quanti risparmiatori sono capaci di non cadere in questa trappola “basso rischio, alta perdita”?
Per avere una dimensione quantitativa aggregata ho calcolato una stima mensile della perdita del valore di acquisto del denaro depositato in conto**** dall’inizio dell’anno ad oggi (dati fine settembre 2022):
I dati parlano chiaro!
In un anno in cui da fine dicembre 2021 a fine settembre 2022 il tasso d’inflazione (FOI – ISTAT) è stato pari all’8,6%, il risparmio degli italiani depositato in conto corrente ha perso potere di acquisto pari a circa 17 miliardi di euro al mese (151,84 miliardi di euro totali diviso i primi 9 mesi dell’anno). Se osservi i valori assoluti mensili pari alla differenza di valore tra depositi dei clienti “reali” e “nominali”, i risultati sono lampanti.
Ecco qui 3 storie “grigie”, storie cioè che mal si percepiscono mentre accadono, perché si mimetizzano bene nella nostra mente. Solo se vengono portate allo scoperto da qualche attento osservatore (il sig. Burry di turno), grazie agli inevitabili indizi disseminati nel loro cammino, diventano dei cartelli di “pericolo” a cui prestare attenzione.
Sono 3 storie diverse che ci raccontano di un fenomeno che si ripete nel tempo e che dovrebbe farci riflettere:
sia che si parli di manager, banchieri, istituzioni o risparmiatori valutare i rischi dei fenomeni in cui si è coinvolti non è mai un affare semplice.
È come se la parola “rischio” non indicasse la possibilità di avere a che fare con qualcosa di incontrollabile. Al contrario, in tema di rischi, si dà per scontato che sia sempre possibile prendere misure (o proposte) capaci di ridurlo o annullarlo.
Invece, già partendo da questo presupposto, stiamo inconsapevolmente mettendo i piedi su un sentiero “accidentato” che potrebbe portarci in fondo ad un percorso il cui risultato finale è: “basso rischio/alta perdita”.
Tale consapevolezza dovrebbe, di conseguenza, spingerci tutti ad essere più umili quando guardiamo ai vari fenomeni della vita e dobbiamo decidere cosa fare dei nostri soldi.
Mi riferisco all’umiltà necessaria per cercare sempre di vedere i fatti da una angolazione differente.
Difatti coltivando la capacità di vedere le cose da più punti di vista, potrai condividere con me che:
- i manager e gli azionisti di Quaker Oats avrebbero compreso che non potevano dar per scontato di essere in grado di replicare il successo di Gatorade con Snapple;
- i regolatori e le grandi banche avrebbero evitato di fidarsi troppo del pensiero unico liberista e della fede smodata nel funzionamento dei mercati finanziari e delle cartolarizzazioni dei mutui;
- i risparmiatori, gli intermediari e i consulenti avrebbero potuto lavorare insieme con maggiore efficacia per ridurre l’impatto dell’inflazione sul potere d’acquisto del denaro in conto corrente.
Questa strada ha voluto seguire, ad esempio, la società di investimento Bessemer Venture Partners, istituzionalizzando quello che loro chiamano l’ “Anti-portfolio”***** e pubblicando l’elenco degli affari che la società avrebbe potuto fare e non ha fatto (acquisti “clamorosi” scartati), per ricordare:
- a se stessa di restare sempre aperta a punti di vista diversi;
- ai propri clienti che prendere decisioni giuste non è semplice per nulla.
*La bevanda nata nel 1965 come integratore dell’attività fisica dei giocatori della squadra di football americano dell’Università della Florida, chiamati anche “Gators”.
**Oggi è una società appartenente al Gruppo Pepsi Co.
*** Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio: https://www.acri.it/eventi/98a-giornata-mondiale-del-risparmio/
**** I dati mensili dei depositi sono presenti nell’ultimo report mensile di ABI e sono rappresentati in miliardi di euro ABI: https://www.abi.it/DOC_Mercati/Analisi/Scenario-e-previsioni/ABI-Monthly-outlook/Sintesi%20ottobre%202022%20st.pdf
I dati statistici sull’inflazione sono invece recuperabili dal sito ISTAT: https://rivaluta.istat.it/Rivaluta/Widget/tavoleWidget.jsp