La crisi di fiducia sul sistema bancario americano, svizzero e europeo di questi giorni arriva da lontano. Comprenderlo aiuterà a immaginare come la situazione potrebbe evolvere in futuro.
Le immagini del 2007 – 2008 sono balzate fuori dal cassetto dei ricordi. Ci troviamo davanti ad uno scenario simile? Non direi. Al tempo si scoprì che il Re era nudo: le banche avevano bilanci molto opachi, i requisiti di capitale erano ai minimi di sempre e la ricerca sfrenata del profitto aveva amplificato enormemente collusioni e frodi.
Ciò a cui stiamo assistendo oggi, invece, non ha nulla a che fare con quanto accadde al tempo.
Certo, la Silicon Valley Bank è stata poco lungimirante nell’assumersi rischi di tasso estremi, bilanciati da depositi in massima parte non garantiti. Anche Credit Suisse, dal canto suo, arrivava da anni di gestione “allegra”. In generale però, dopo l’esperienza del 2008, il sistema bancario internazionale è stato obbligato a stringere fortemente la normativa sui requisiti di capitale in maniera da diventare molto più solido di 15 anni fa.
In questi giorni si è parlato molto di LCR (Liquidity Coverage Ratio). Il LCR è la quantità di attività facilmente liquidabili sul mercato che una banca dispone per garantire la sua capacità di far fronte agli impegni a breve termine.
Una sana e prudente gestione vorrebbe tale rapporto al di sopra del 100%. Se guardiamo gli ultimi valori disponibili, sia le banche americane che quelle europee, hanno migliorato la loro capacità di far fronte ai problemi di liquidità. Anzi quelle europee, proprio per regolamentazioni più stringenti, presentano un dato medio decisamente migliore:
Liquidity Coverage Ratio in % (2012-2022, dati BIS)*
Aggiungo inoltre che le banche italiane più grandi (con attivo superiore a 100 miliardi di euro), presentano dati di LCR addirittura migliori dei dati medi europei**:
- Banco BPM 208%;
- Intesa Sanpaolo 192%;
- Monte dei Paschi di Siena 180%.
Allora siamo in una botte di ferro?
Mica tanto. La speculazione su Deutsche Bank, amplificata dai mezzi di informazione, ha soffiato sulla paura dei risparmiatori europei sottolineando quanto le banche siano strutturalmente vulnerabili, anche in presenza di ratio patrimoniali abbastanza solidi.
Come possiamo contrastare questa preoccupazione da parte dei depositanti?
Sai bene che la razionalità dei dati è importante, ma spesso non è sufficiente a calmare gli animi.
Quando il tuo investitore è spaventato dagli alti e bassi dei mercati e dalla difficoltà di ottenere rendimenti interessanti, parlare di rendimenti di lungo termine, aiuta certamente ad ancorarsi a qualcosa di chiaro…
Qualsiasi considerazione tu possa fare, però, non elimina la preoccupazione che il tuo cliente prova nei confronti del futuro. Ti sarà capitato infatti di notare che spesso il viaggio continua perché lui ha fiducia in te; perché sei tu a fare la differenza. Tu sei l’elemento umano capace di tradurre quei dati in un metodo di lavoro che nel tempo ha creato una relazione di fiducia.
Come intuirai, ciò che voglio dire, è che la contrapposizione tra emozioni è l’arma più efficace in tuo possesso: l’emozione della paura deve essere contrastata con quella della fiducia.
Se guardi bene, anche la crisi bancaria in atto ha natura fiduciaria: la paura che tutti i depositanti richiedano di ritirare i loro depositi contemporaneamente per mancanza di fiducia nel sistema.
Abbiamo bisogno dunque di azioni risolute che immettano fiducia nel sistema. Altrimenti, in assenza di chiari segnali, si correrà il rischio che la speculazione possa continuare a diffondere timori rosicchiando le basi della fiducia, come le tarme lavorano le gambe di un tavolo.
Per la dimensione delle cifre (totale dell’attivo delle banche europee, nel 3° trim 2022, è pari a 27 trilioni di euro***) solo le Banche Centrali sono attori credibili. Attori che sino ad oggi non sono stati così risoluti nelle azioni e nei segnali.
L’intervento ex-post non è l’unico possibile.
La speculazione della scorsa settimana si è concentrata sull’acquisto di Credit Default Swap (CDS) di Deutsche Bank, facendone schizzare in alto il valore.
I CDS sono simili a delle polizze assicurative sul rischio di insolvenza di una impresa (in questo caso di DB). Assomigliano un po’ alle assicurazioni sulla vita (qui si parla di vita dell’impresa). Il problema è che, ancora oggi dopo il 2008, è possibile scommettere sulla “morte” di un’impresa senza aver alcun “diritto sulla sua vita”, ovvero la posizione in portafoglio (come nel caso di DB).
Accetteresti che questa cosa fosse valida anche per le assicurazioni sulla vita delle persone?
Penso di no. Il paradosso è che DB, come tutti i suoi depositanti, è fatta di persone in carne e ossa!
Capisci bene che permettere questo è abbastanza paradossale, perché in qualche modo questo genere di scommesse aumenta la probabilità che le cose vadano male, alimentando la sfiducia degli operatori e dei depositanti.
In più, in questi giorni si moltiplicano gli interventi di economisti ed esperti internazionali che ragionano su come risolvere il problema**** alla radice. Le soluzioni più audaci suggeriscono di mettere in campo in maniera più marcata la tecnologia e le Banche Centrali.
La tecnologia permetterebbe di porre fine al problema della corsa agli sportelli, se le Banche Centrali introducessero una moneta digitale e fornissero a tutti i depositanti (contribuenti) dei conti fruttiferi presso la Banca Centrale.
Con una moneta digitale fruttifera emessa dalla Banca Centrale una corsa agli sportelli diventerebbe insensata. In qualità di prestatore di ultima istanza, la Banca Centrale potrebbe emettere tutto il denaro necessario nel caso in cui i depositanti volessero ritirare il loro denaro contemporaneamente.
Tale soluzione, ovviamente, non taglierebbe fuori dal mercato le banche tradizionali, perché queste rimarrebbero essenziali per le diverse attività di prestito alle famiglie e alle imprese o per la gestione del patrimonio. Avrebbe invece l’effetto di ridurne le dimensioni e di aiutarne la specializzazione, favorendo un migliore matching tra gli attivi e i passivi di bilancio.
La crisi di oggi ha iniziato il suo viaggio molto tempo fa:
quando negli stati occidentali è passato il principio che la separazione tra banca commerciale e banca di investimento fosse superflua e costosa***** (abrogazione del Glass Steagall Act e simili).
Se ci aggiungiamo una certa dose di crescita incontrollata e non regolamentata dell’uso dei derivati, ecco servita la ricetta perfetta per ottenere banche troppo grandi per fallire, ma anche troppo grandi e complesse per essere salvate.
Indubbio dire che oggi siamo di fronte ad una nuova tappa di questa storia. I regolatori dovranno decidere velocemente su come procedere per ridurre l’azzardo morale ancora molto presente nel sistema.
Ormai è evidente a tutti che le banche sono fondamentalmente pubbliche, seppur gestite da privati!
*Elaborazione grafica su dati BIS 2023 reperibili al seguente link: https://www.bis.org/bcbs/publ/d546.htm
*****https://finance.ec.europa.eu/publications/liikanen-report_en