Goal Based Investing e MIFID II

Se ti chiedessi di parlarmi delle tue esperienze, sono sicuro che inizieresti a descrivere cose che hai fatto fin dalla più tenera età. Probabilmente mi racconteresti di quella volta che hai imparato ad andare in bici e ti sei sbucciato il ginocchio, o della paura che hai provato la prima volta che sei salito in aereo, o dell’orgoglio che hai provato quando hai firmato il tuo primo contratto di lavoro.

Insomma mi riporteresti cose che hai già vissuto, che ti sono successe nel passato. Così facendo quindi, dai per scontato che l’esperienza risieda nel passato e non nel futuro.

Ti sembrerà strano, eppure non è sempre così.

Quando devi fare delle scelte, decidi (e agisci) in base a ciò che credi sia vero o falso. Di conseguenza i rischi che accetti di affrontare saranno figli delle tue previsioni e aspettative sul futuro.

Nota bene come in questo caso l’esperienza più importante risieda più nel futuro che nel passato. Sarà appunto solo l’esperienza futura a confermare o meno se quello in cui credevi fosse vero.

Le nostre esperienze sono qualcosa di più complesso di meri ricordi relegati al passato. Al contrario, direi che le esperienze sono una specie di ponte tra passato e futuro. E questo vale in diversi ambiti della nostra vita, mondo degli investimenti incluso!

L’allineamento di aspettative e esperienze è l’elemento cruciale per costruire e mantenere una buona relazione tra l’intermediario-consulente e il suo cliente. Riconoscendo quindi la centralità di questo punto, normative e regolamenti statali hanno cercato di disciplinare l’equilibrio di questo delicato ingranaggio. In Europa, ad esempio, la MIFID II nasce anche con questo scopo.

Proprio perché i riflettori sono stati puntati per molto tempo sull’applicazione della MIFID II in Europa, alcuni recenti studi* hanno fatto il “tagliando” al processo di transizione tra un approccio basato sul prodotto e uno più orientato al cliente.

Prima di tutto, l’analisi conferma che la legislazione europea sul tema dell’ “adeguatezza” è più stringente rispetto a quella nord americana, australiana e asiatica.

In seconda battuta, se devo leggere questo report con gli occhiali del Goal Based Investing, ciò che emerge sono le risultanze dei questionari di profilazione in risposta alle domande sugli obiettivi.

Gli obiettivi:

  1. sono identificati e chiariti in termini pratici?
  2. come sono “gestiti” all’interno del processo di consulenza?

In risposta alla prima domanda i dati mostrano che:

  • ben l’80% delle banche coinvolte (25 Private Bank europee) ha definito 2 o più obiettivi con gran parte dei loro clienti;
  • il rimanente 20% afferma invece che i clienti hanno 1 obiettivo o nessun obiettivo.

Nota bene che a questo riguardo la maggior parte degli obiettivi individuati sono di natura “finanziaria” e non sempre riconducibili a chiari “obiettivi di vita”!

Questa precisazione è importante perchè dovremmo invece tenere sempre a mente che le persone per prima cosa hanno obiettivi di vita, che solo successivamente si declinano in obiettivi finanziari.

In merito alla seconda domanda, è facile osservare che solo una piccola parte dei dati raccolti sui clienti vengono utilizzati per indirizzare le raccomandazioni di investimento finali.

Ogni banca ha il suo specifico approccio al processo di consulenza e di accompagnamento al cliente. Ma se tutte le banche usano un questionario, questo differisce in maniera significativa da istituto a istituto. Ad esempio guardiamo solo al numero di domande: nei questionari si va da 15 a ben 49!

Alcune banche applicano un approccio visivo e mostrano al cliente una lista di obiettivi tra cui scegliere, altre invece usano un approccio esclusivamente verbale.

Il 50% delle banche del campione dà informazioni sui rischi a breve, a lungo termine e ragiona con i clienti sulla raggiungibilità dell’obiettivo di investimento. E l’altro 50% lascia che siano il “tempo” e i mercati a parlare al proprio posto.

Gli obiettivi individuati vengono gestiti in un unico conto/portafoglio di investimento da circa il 50% delle banche. Solo una percentuale più piccola adotta un approccio più “olistico” che permette di avere più conti/portafogli in funzione dei diversi obiettivi di investimento (questo è il caso soprattutto delle banche tedesche e olandesi).

Quindi ancora oggi nonostante che le banche raccolgano tante informazioni utili sui clienti, e che il 68% del campione dichiari di utilizzare la pianificazione finanziaria, solo una piccola parte delle informazioni viene sfruttata per implementare un approccio olistico alla consulenza.

Siamo ancora nel mezzo del cammino. Un cammino che potrebbe ulteriormente accelerare, perché:

  • i regolatori sono consapevoli che solo un approccio olistico aiuti a migliorare il continuum esperienziale di cui parlavamo all’inizio dell’articolo (vedi anche l’ultimo quaderno Consob n.89 ottobre 2022**);
  • la tecnologia permetterà di ridurre i tempi di on-boarding, implementazione e monitoraggio della posizione del cliente, rendendo la pianificazione un lavoro non menolabor intensive, quanto diversamentelabor intensive.

Per capire meglio la portata di questo ultimo punto, basta confrontare due immagini:

  • la mappa delle soluzioni tecnologiche a disposizione dei consulenti finanziari (americani, ma non solo) (ottobre 2022):
  • la stessa mappa datata 5 anni prima:

La strada è tracciata.

Come sempre spetterà a te consulente e agli intermediari decidere come posizionarsi e quanto investire per catturare questo megatrend!

 *https://www.emerald.com/insight/content/doi/10.1108/JFRC-10-2021-0087/full/pdf?title=implementation-of-mifid-ii-investor-protection-provisions-by-private-banks-within-the-european-union

**https://www.consob.it/documents/46180/46181/qdf89.pdf/66011f55-fb81-4ff3-b5db-14a58e977aad

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