Vietare gli inducement si o no?

Sei bravo a valutare il costo opportunità delle tue scelte?

Immaginiamo questa situazione.

Supponiamo che tu riceva il tuo stipendio in contanti all’inizio di ogni settimana. Ogni lunedì, tutto contento, spenderai il tuo gruzzolo con una certa scioltezza, senza valutare tutte le opzioni disponibili. Tuttavia, man mano che il mazzetto di banconote si assottiglierà, la situazione cambierà drasticamente. In particolare prova a pensare a come potresti utilizzare gli ultimi 20 euro rimasti: sceglierai se andare al cinema, o in pizzeria o al supermercato con molta più attenzione che all’inizio di sicuro!

In questi giorni impazza la discussione sulla volontà della Commissione europea di vietare gli “inducement”* e molti consulenti, un po’ come nell’esempio precedente, si trovano a valutare il costo/opportunità delle proprie scelte passate e future anche in funzione di questo nuovo scenario.

Ovviamente ogni posizione in campo (Banche, Sgr, associazioni di categoria, consulenti autonomi, … ) cerca di mettere in evidenza aspetti reali che possono avere impatti positivi o negativi dal cambio normativo.

Partiamo dal presupposto, che avendo ogni sistema finanziario le sue peculiarità, è difficile capire come un generico divieto potrà impattare i differenti sistemi finanziari nei diversi paesi. Penso che, in questo caso, fare una veloce disamina storica di quello che è accaduto (e sta ancora accadendo) in Gran Bretagna dopo l’introduzione della Retail Distribuition Review (RDR) del 2012, possa essere utile per riflettere sulla questione generale.

Parto dall’inizio: “Le prime indicazioni ci dicono che la riforma sulla consulenza finanziaria sta funzionando”. Queste sono state le parole di un comunicato della FCA (Financial Conduct Authority, la CONSOB inglese) nel 2014** dopo la pubblicazione di uno studio che analizzava l’impatto della RDR.

Eppure oggi, dopo 10 anni dall’introduzione della norma che separava chiaramente l’ “independent advice” dalla “restricted advice”***, in Gran Bretagna viene introdotta un’altra normativa (la “Consumer duty”****) che mira ad inasprire le norme a tutela dei consumatori di servizi finanziari.

Dove sta la novità?

La normativa non riguarderà esclusivamente la consulenza finanziaria per gli investimenti, ma sarà trasversale e sarà applicata a tutti i servizi finanziari rivolti ai “consumatori” retail.

Questo nuovo giro di vite ha lo scopo di rafforzare alcune aree di intervento della RDR, in particolare i costi della consulenza, le informazioni e il supporto alla definizione delle esigenze dei clienti.

Quindi, in precedenza, qualcosa non è andato come doveva andare. Sì, ma cosa?

Gli studi che si sono succeduti negli anni (FCA & FAMR) hanno messo in luce alcuni importanti miglioramenti*****:

  • c’è stato uno spostamento di focus da parte degli intermediari dalla “consulenza di prodotto” alla “consulenza alla persona”. Questo processo ha spinto per una maggiore confidenza da parte degli investitori nella gestione del proprio denaro (gli “High level Confidence” passano dal 37% al 41% dal 2017 al 2020);
  • c’è stato un innalzamento della professionalità dei consulenti. Inizialmente il numero di consulenti finanziari si è ridotto per la pressione imposta dai nuovi standard professionali. Successivamente, però, il trend è tornato a crescere. Dal 2012 al 2021, i consulenti passano da 35.000 a 36.700 e il numero di imprese di consulenza, dal 2013 al 2021, aumenta dell’11%;
  • il costo della consulenza a parcella è cresciuto da 995 milioni di sterline a 4,5 miliardi di sterline tra il 2013 e il 2021 e, di converso, nello stesso periodo il numero di strumenti di investimento che paga retrocessioni si è ridotto del 52%. Con una maggiore consapevolezza sul prezzo/valore della consulenza.

Tutto bene allora! Non proprio, perché altri effetti della normativa sono stati:

  • una tendenza al consolidamento da parte delle imprese di consulenza più piccole. Questo perché gli standard normativi e di compliance sono troppo difficili e costosi da poter gestire senza economie di scala;
  • un miglioramento non significativo dell’ ”advice gap” (il numero di persone che non riceve consulenza finanziaria).

Su quest’ultimo punto il report FCA del 2020 dice che rispetto ai dati del 2017 i risparmiatori adulti che hanno ricevuto consulenza finanziaria sono cresciuti dal 6% all’8%.

uk adults che hanno ricavuto consulenza finanziaria sono cresciti nel 2020 del 6% rispetto al 2017

Peccato, però, che l’incremento del servizio di consulenza è stato più marcato per gli investitori con maggiori patrimoni. Gli investitori con minori disponibilità non hanno migliorato l’accesso al servizio di “consulenza indipendente”.

L’FCA e il FMRA concludono che troppo poco è stato fatto per i piccoli investitori. In generale non è accettabile che gran parte del denaro rimanga sui conti non investito (soprattutto in un periodo con elevata inflazione) e a ragione di questo, è necessario intervenire ancora una volta sulle regole.

adulti UK con più di 10000 sterline di risparmio tengono per la grande maggioranza il denaro sul conto non investito

Le regole, come si sa, non sono tutto.

Se da un lato si è pensato che l’ “advice gap” potesse essere ridotto con la tecnologia e la semplificazione dei processi, dall’altro è apparso subito evidente come non fosse l’offerta a creare la domanda.

I risparmiatori non hanno sempre una chiara percezione del bisogno; solo attraverso una costante attività di informazione e formazione si può migliorare questo sentimento. Aggiungo a tergo: un’attività che rappresenta un vero e proprio bene pubblico di cui tutti i governi dovrebbero realmente farsi carico (si investe troppo poco, ovunque, per questo tipo di attività!).

Capisci quindi che quanto accade oggi in Commissione Europea è sicuramente un copione un po’ diverso ma fa parte, però, di un processo internazionale che, data l’importanza del risparmio e degli investimenti per le nostre economie e società, non potrà far altro che continuare a salvaguardare dei principi quali:

  • l’accesso al servizio di consulenza a costi non eccessivi;
  • una maggiore trasparenza sui principali elementi del servizio di consulenza;
  • una maggiore qualità del servizio di consulenza;
  • una maggiore partecipazione agli investimenti da parte dei risparmiatori.

Io, come voi, non so cosa deciderà la Commissione il prossimo 3 maggio, ma ognuno di voi, se non lo ha già fatto, dovrebbe seriamente valutare il costo – opportunità di quello che sta avvenendo.

Come i soli 20 euro in tasca nella storia iniziale ci fanno riflettere con maggiore consapevolezza sulle diverse opzioni di spesa, così anche la possibilità che qualcosa cambi in maniera significativa nel nostro modo di lavorare dovrebbe spingerci a fare una valutazione più chiara sul nostro processo consulenziale.

*”ogni tipo di onorario, commissione o beneficio monetario o non monetario, pagato o fornito da terzi agli intermediari finanziari nella prestazione ai clienti del servizio di investimento e dei servizi accessori.”

**https://www.fca.org.uk/publication/research/rdr-post-implementation-review-europe-economics.pdf

***https://www.fca.org.uk/consumers/types-investment-adviser

Come indicato sul sito FCA:

– “Un consulente o una società che fornisce consulenza indipendente può prendere in considerazione e consigliare un’ampia gamma di prodotti di investimento al dettaglio che potrebbero soddisfare le esigenze e gli obiettivi.

I consulenti indipendenti prenderanno in considerazione anche i prodotti di un’ampia gamma di aziende sul mercato e forniranno consulenza imparziale e senza restrizioni.

Un consulente indipendente può anche essere chiamato “consulente finanziario indipendente” o “IFA”.”

– Un consulente o un’impresa “restricted” può consigliare solo determinati prodotti, fornitori di prodotti o entrambi.

Il consulente o l’impresa deve spiegare chiaramente la natura della restrizione.”

****https://www.fca.org.uk/publications/multi-firm-reviews/consumer-duty-implementation-plans

*****https://www.fca.org.uk/publication/corporate/evaluation-of-the-impact-of-the-rdr-and-famr.pdf

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