Pur vivendo nell’era dell’informazione, so di essere profondamente ignorante.
Mi hanno assicurato che in futuro una qualche tecnologia mi guarirà da questa “malattia”, ma per adesso, credo ancora di non sentirmi troppo bene. 😉
Dal momento che sono una persona fiduciosa, mentre aspetto una cura efficace, mi piacerebbe sapere come affrontare la mia ignoranza.
Cresciamo inseguendo la conoscenza fin da giovanissimi: a scuola ingolliamo nozioni, all’Università lavoriamo più di fino, mentre, una volta diventati consulenti specializzati in qualche settore, rappresentiamo una fonte di informazioni molto ricercata.
Insomma, abbiamo a che fare con una continua ricerca di informazioni che non vede una fine.
Certo, l’istruzione riesce a produrre meraviglie eccezionali, ma è altrettanto vero che questa non coincide con la saggezza o ancor di più con il discernimento, ovvero con la capacità di comprendere la portata delle proprie azioni e di comportarsi di conseguenza.
Anzi, spesso, le peggiori follie dell’umanità sono state commesse da individui o paesi molto istruiti.
I giorni che stiamo vivendo sono la prova che i fatti (da soli) sono inutili. Se le informazioni non vengono raccolte e la loro porzione commestibile non viene cotta per essere trasformata in conoscenza, non sono altro che ingredienti di una ricetta mai portata a termine.
A questo punto, però, non posso evitare di pormi un’altra domanda: cosa posso fare ancora per ridurre la mia ignoranza, senza combatterla con continue informazioni e apprendimento non-stop?
La risposta è un neon acceso nella mia testa: impara a selezionare cosa vale la pena di sapere!
Certo Luciano. Ma: come faccio a distinguere cosa è saggio sapere (e poi fare) in questi momenti di incertezza?
Non ho la palla di cristallo né una linea diretta con i decisori politici. Io vi posso dire quello che sto cercando di fare io.
A gran fatica, sto cercando di staccarmi, per non essere risucchiato dal gorgo delle previsioni!
Girano tante, forse troppe previsioni su:
- l’andamento della guerra;
- il futuro andamento dei mercati;
- il futuro andamento dell’inflazione;
- il futuro ordine economico e politico globale;
- ecc…
Oggi, se non hai una previsione non sei nessuno!
Eppure, la saggezza mi dice qualcosa di diverso.
A cosa servono le previsioni? Le previsioni servono a ridurre l’ansia del momento. Poco importa se ci azzeccano.
Fagocitiamo, dunque, una previsione dopo l’altra senza curarci se quella precedente si sia avverata o meno e, in una catena senza fine, continuiamo a dar credito all’ultima appena sentita.
E parlando di mercati finanziari, le previsioni che ruolo hanno? La saggezza suggerisce che in questo caso le previsioni di breve sono quasi sempre inutili, mentre quelle di lungo possono in qualche caso avere più chance.
Questo aspetto è contro-intuitivo, perchè nel resto della nostra vita vale il più delle volte il contrario: le previsioni di breve sono più affidabili di quelle di lungo. Pensiamo ad esempio alle:
- previsioni del tempo;
- previsioni di vendita di prodotti;
- previsioni economiche;
- ecc…
Eppure, anche se non ho mai incontrato un consulente sinceramente convinto che le previsioni a breve sui mercati servano a qualcosa (e neanche i consensus performino meglio), in questi giorni con fatica si riesce a farne a meno.
Kahneman scrive che: “gli eventi economici più importanti del futuro saranno eventi su cui la storia non è detto che abbia qualcosa da insegnarci. Saranno eventi senza precedenti. Quindi non saremo preparati ad affrontarli e sarà anche questo a renderne il loro impatto più eclatante. Questo varrà per eventi che ci mettono paura come una guerra o una recessione e per eventi positivi come l’innovazione.”
Un po’ come dire: se volete fare una previsione realmente affidabile sappiate che l’ “imprevisto” farà la differenza rispetto al “previsto”!
Mi rendo conto che questo ragionamento, anche se fondato, è un po’ troppo razionale. Potrà essere una mèta a cui tendere, ma è davvero distante dal sentire comune.
Ogni mattina per poterci alzare senza essere troppo in ansia sul futuro, dobbiamo ancorarci a qualcosa.
Siamo umani e non vulcaniani!
Ma allora, dal momento che abbiamo un innato bisogno di “seguir virtute e canoscenza”*, quale conoscenza dovremmo imparare a coltivare per poter avere speranza nel futuro?
L’unica risposta che abbia senso è secondo me: la tendenza naturale dell’umanità ad andare verso la vita!
Vita intesa come crescita personale e spirituale, come crescita sociale ed economica.
Questo fenomeno è una costante della storia dell’umanità ed è anche alla base della crescita dei mercati finanziari azionari nel lungo termine.
Dietro alla crescita di questi mercati, infatti, si nascondono fattori reali. Ci sono:
- sogni;
- imprese;
- prodotti;
- consumi;
- impegno continuo;
- tensione a far meglio e crescere.
Il bisogno non solo di sopravvivere, ma di crescere è un fattore presente in ogni periodo della nostra storia, anche in quelli più bui.
Guardiamo, ad esempio, l’andamento del mercato azionario italiano durante le due guerre mondiali**:
Andamento mercato azionario italiano 1911 – 1922
Andamento mercato azionario italiano 1936 – 1946
Sta a noi quindi trovare la forza per agire in modo che l’informazione diventi conoscenza, così come hanno fatto tutte quelle persone che si sono trovate a vivere in momenti storici difficili e hanno cercato di guardare avanti. Tenendo bene a mente, che ciò che conterà alla fine non sarà soltanto quante informazioni avremo avuto a disposizione, ma cosa ne avremo fatto.
* Dante Alighieri. Inferno Canto XXVI ” fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”
**Fonte: Macrohistory Database (dati economici e finanziari su singoli paesi dal 1870 al 2017). https://www.macrohistory.net/database/