Il 13 novembre 2009 a Leeuwarden, in Olanda, si è tenuto l’ultimo Domino Day*.
In quell’occasione gli organizzatori della “giornata del Domino” misero in fila ben 4.491.863 tessere. Fu un susseguirsi di immagini magiche e mutevoli: la Statua della Libertà che accende la fiaccola, un elefante che alza la proboscide, persino un incendio domato da un canadair.
Una sola tessera aveva generato una reazione tale da sprigionare addirittura 94.000 joule di energia; la stessa necessaria per fare 545 piegamenti. Ogni tessera rappresentava una piccola frazione dell’energia complessiva; di conseguenza più tessere affiancate implicavano più energia potenziale da sprigionare.
Ti aggiungo un tassello alla storia.
Qualche anno prima, nel 1983, Lorne Whitehead** scrisse sull’ American Journal of Physics di aver scoperto che una tessera di domino, nel suo moto verso il basso, è in grado non solo di farne precipitare molte altre, ma anche di far cadere tessere dalle dimensioni molto maggiori.
Whitehead calcolò addirittura che una singola tessera riusciva ad abbatterne un’altra dalle dimensioni maggiori del 50% rispetto alla precedente.
Dopo l’articolo di Whitehead, molti fisici si misero al lavoro per riprodurre l’esperimento creando una catena di 8, 10, 13 tessere di dimensioni via via crescenti in modo da verificare la veridicità della tesi.
Il problema che balzò immediatamente all’occhio fu che per gestire l’esperimento in laboratorio, la prima tessera doveva essere davvero molto piccola***.
Infatti, se la 1° tessera fosse stata alta 5 cm:
- l’8° tessera sarebbe stata alta 85 cm;
- la 13° 6,5 metri (una giraffa adulta);
- la 17° 33 metri (un palazzo di 10 piani);
- la 20° 110 metri, quanto l’altezza da cui la Madonnina del Duomo di Milano guarda in giù;
- 22° 250m, come la Torre Allianz a Milano (il grattacielo più alto d’Italia);
- 31° 9.588m, avrebbe superato di circa 750 metri l’Everest (la montagna più alta al mondo);
-
57° più o meno la distanza tra la Terra e la Luna.
Questa progressione non è altro che un’applicazione al Domino del fenomeno conosciuto come “progressione geometrica”.
Le progressioni geometriche sono intorno a noi. Se osservi bene la realtà, molti fenomeni sociali incorporano tale effetto ; riuscire a comprenderli ci permetterebbe di imparare che ottenere risultati straordinari è possibile se:
- partendo da una piccolissima cosa, puntiamo ad ottenere un effetto domino nelle nostre vite;
- lavoriamo in modo sequenziale e non simultaneo;
- sfruttiamo il tempo. Il tempo necessario affinché la sequenza di eventi (caduta delle tessere) generi risultati straordinari****.
Sono sicuro che questa immagine ti ha richiamato alla mente che l’effetto domino è presente anche nel mondo degli investimenti. La metafora è perfettamente calzante per gli investimenti dei tuoi clienti.
Il tempo è, infatti, il caposaldo per eccellenza nella costruzione degli investimenti; cosa ci insegna però l’effetto domino rispetto alla loro crescita?
Nel mondo degli investimenti molto del valore prodotto è strettamente collegato a quello che in gergo viene chiamata: diversificazione temporale (time diversification).
Peter Bernstein***** (1985), che per primo ne ha parlato ufficialmente, basò questa tesi su 2 principi di base:
- più è lungo l’orizzonte temporale e maggiore dovrebbe essere la percentuale di azioni o di altri strumenti alto rischio/alto rendimento;
- nel lungo termine, un investitore può avere la ragionevole certezza che un investimento più volatile otterrà un rendimento più alto di uno meno volatile.
Tale principio, ben conosciuto da ogni consulente finanziario, è stato successivamente integrato da un famoso esperto di investimenti, Jeremy Siegel******, che affermava:
se le azioni sono più rischiose delle obbligazioni nel breve termine, queste (azioni) sono molto meno rischiose nel lungo termine per il meccanismo del ritorno alla media dei corsi azionari.
A supporto della tesi di Siegel, si unì anche Burton Malkiel (economista e scrittore di “A random walk down Wall Street”):
Se hai un orizzonte temporale di alcuni decenni allora devi investire in maniera consistente in azioni.
Questi cardini del pensiero economico-finanziario portano alla conclusione che, se guardiamo esclusivamente al rischio dell’investimento, alla fine tutto è una questione di “TEMPO”! Già il suo scorrere inesorabile fa sì che i nostri investimenti siano più sicuri.
Tutti d’accordo?
Penso che sia difficile trovare qualcuno che non lo sia… eppure non tutti gli esperti concordano con la tesi di Bernstein, Siegel e Malkiel.
R. Merton e P. Samuelson (1969) e Z. Bodie (1994), hanno criticato tale tesi******* affermando che:
nonostante sia verosimile che la probabilità di perdere del denaro diminuisca col passare degli anni, è vero anche che col trascorrere del tempo, l’ammontare assoluto della perdita potenziale tenderà a crescere.
Tornando all’immagine del Domino, è come se partiti da una prima tessera da 5 cm, al 25° passaggio fossimo di fronte ad una tessera alta come il grattacielo Burj Kahlifa e che questa, invece di cadere nel modo atteso, crollasse “Buum” con un gran tonfo, senza toccare la 26° tessera, interrompendo la catena.
Un tonfo di questo tipo farebbe impressione a chiunque! E se anche l’ammontare del valore dopo il crollo fosse maggiore rispetto a quello iniziale, la delusione che ne scaturirebbe, sarebbe molto forte perché il cliente prima del crollo credeva di possedere qualcosa di grande come il Burj Kahlifa!
Qual è la morale di questa storia?
Quando gli obiettivi di vita dei nostri clienti non sono chiari al consulente e al cliente, è quasi inevitabile che le discussioni sul rischio siano monopolizzate dall’investimento e dal conseguente rendimento desiderato.
In tutti questi casi vale sempre la regola del 4+:
- più rendimento;
- più rischio;
- più tempo;
- più risultati (“domino effect” o capitalizzazione composta).
Questa impostazione è però basata su un paradosso: non esiste il rischio dell’investimento (investment risk) a sè stante. Ogni investimento ci viene sempre affidato da qualcuno.
Il rischio reale che il cliente ci affida chiedendoci di gestire i suoi soldi è che , prima o poi, si troverà ad aver bisogno di rientrare in possesso del suo denaro per soddisfare un obiettivo di vita (goal risk) e il rischio di investimento dovrà risultare allineato con quello dell’obiettivo di vita stesso.
Riuscire a combinare ambedue i rischi (goal e investment risk) è una delle sfide più complesse da superare per un consulente. Pensare però di affrontare questa sfida senza aver definito con chiarezza gli obiettivi di vita, è molto pericoloso perché un eventuale effetto buum ne renderà evidente la mancanza!
*https://en.wikipedia.org/wiki/Domino_Day
**https://popperfont.files.wordpress.com/2013/01/dominopaper.pdf
***https://www.youtube.com/watch?v=y97rBdSYbkg
****Teniamo bene a mente, quindi, che quando incontriamo una persona:
- di grande esperienza, questa l’ha accumulata nel tempo, lavorando con l’effetto domino e facendo cose via via più complesse e sfidanti;
- con grandi capacità, le ha sviluppate nel tempo cimentandosi via via su casi più complessi;
- con tanti soldi, anche questi li ha guadagnati nel tempo, mettendo a frutto le competenze professionali via via crescenti (capitale umano).
*****https://jpm.pm-research.com/content/11/4/1
****** Jeremy Siegel, professore di finanza e scrittore di “Stocks for the long run”
*******R. Merton, “Lifetime portfolio selection under uncertainty” 1969 / P. Samuelson, “Lifetime portfolio selection by dynamic stochastic programming” 1969 / Z. Bodie, “On the risk of stock in the long run” 1994