Metodo e intuizione: due rami dello stesso albero?

Milano, 13 febbraio 2018 fermata “Repubblica” della metropolitana. Sono quasi le 15. Lorenzo sta tornando da scuola e, scendendo le scale, guarda quanto manca all’arrivo del prossimo treno: circa un minuto e mezzo.

Un attimo dopo si accorge che sta succedendo qualcosa: una donna disperata è china verso i binari, dove un bambino piccolo è caduto.

Lorenzo non ha assistito alla caduta del piccolo Mohamed (due anni e mezzo) che sfugge al controllo della madre e scivola fuori dalla banchina.

C’è un po’ di gente che si avvicina, ma lui è sicuro di poterlo aiutare: «ce la faccio, salto giù, lo prendo e faccio in tempo a risalire».

Non sono veri e propri pensieri, piuttosto fotogrammi immaginati che precedono i suoi gesti istintivi.

Il ragazzo si libera dello zaino, salta giù dalla banchina, afferra il bambino, lo porge alla madre, uno sguardo verso la galleria da cui dovrebbe arrivare il treno, poi si china ancora a raccogliere qualcosa (una trombetta di plastica caduta al bambino), un’altra occhiata lungo i binari, poi facendo leva sulle braccia si issa sul marciapiedi. Sono passati meno di trenta secondi in tutto. È fatta.

Adesso facciamo un balzo indietro nel tempo.

Manhattan, 11 maggio 2010. Rose Mary Mankos è in piedi sulla banchina della stazione della metropolitana di New York City.

L’avvocatessa quarantottenne è in mezzo ad una folla di studenti che rientra verso casa. Inavvertitamente lo zaino che porta sulle spalle cade sui binari.

La donna d’istinto salta giù per riprenderlo, pensando di risalire velocemente. Questa operazione invece non è così agevole.

Mankos si trova in una brutta situazione: il treno sta entrando in stazione e lei è ancora sui binari.

I presenti le gridano di sdraiarsi nello spazio in mezzo alle rotaie, perché i vagoni le sarebbero passati sopra, ma la donna è troppo spaventata per seguire il consiglio.

Il conducente della metropolitana prova a frenare il convoglio, ma non ci riesce e la giovane avvocatessa viene travolta.

Due persone si lanciano sui binari della metropolitana.

Due situazioni in cui la vita è in pericolo.

Due esiti totalmente differenti.

Entrambi gli eventi sono stati però determinati da una scelta d’istinto, fatta sul momento.

A posteriori è facile capire che Lorenzo ha fatto la cosa giusta e Rose Mary no. A cose fatte è sempre facile stabilire quando è saggio ascoltare il nostro istinto e quando non lo è.

Il punto è però capire prima quale sia la cosa migliore da fare e non dopo.

Negli ultimi anni sono stati pubblicati tanti bestseller che danno consigli agli antipodi a proposito di questo argomento.

Ad esempio:

  • Malcom Gladwell (“In un batter di ciglia”), o Gerd Gigerenzer sostengono quanto segue: “possiamo fidarci delle nostre intuizioni”;
  • Daniel Kahneman (“Pensieri lenti e veloci”) non sembra proprio d’accordo…

Ovviamente la verità sta nel mezzo. Ci sono occasioni in cui possiamo fidarci dell’istinto e altre in cui non si dovrebbe.

Però il punto di cui voglio parlarti oggi è:

perchè normalmente ci fidiamo più del nostro intuito che di un’attenta riflessione?

In Sicilia c’è un famoso detto popolare che cristallizza questo concetto:

“Cchiù longa è a pinsata, cchiù grossa è a minchiata” … 😉

Cosa sta alla base di questa saggezza popolare?

Gli studiosi rispondono così:

la ragione risiede sullo stesso motivo per cui siamo portati a fidarci dei nostri sensi.

Quando guardi un albero in un giardino quanto a lungo devi riflettere per decidere che si tratta proprio di un albero? Zero secondi. Lo sai grazie ai tuoi sensi e basta.

Allo stesso modo tutti i concetti che ci giungono alla mente in modo facile e naturale senza fare alcuno sforzo per tentare di comprenderli, ci appaiono “veri”.

Pensate adesso a quando spiegate ai vostri clienti concetti complessi e astratti come quelli finanziari. Lo sforzo del cliente per vedere l’immagine che gli state proponendo è un indizio molto fondato (e naturale) per valutare se la cosa che state dicendo è per lui vera oppure no.

Quindi, come per i sensi, anche nel caso delle intuizioni, siamo pronti ad aprirci e a fidarci di un pensiero quando arriva fino alla nostra mente senza alcuno sforzo.

Cosa succede invece se le informazioni non giungono ai nostri sensi in maniera così semplice e chiara?

Quando intorno a noi si fa buio e non siamo più sicuri di ciò che crediamo di vedere, ecco che allora intervengono le reazioni d’istinto.

A questo punto la domanda che ti dovresti fare è:

Come rendere chiaro, come “un albero in un giardino”, tutto quello che fai per il tuo cliente?

La risposta a questo quesito ha a che fare con quello che in altri ambiti viene chiamato “design” o “progettazione dell’esperienza” o “customer experience”, ma che io chiamo semplicemente: “metodo”.

Che metodo stai utilizzando con i tuoi clienti?

E’ abbastanza intuitivo da permettere ai tuoi clienti di percepire chiaramente (come un albero in giardino) quello che fai per loro?

Oppure hai bisogno di fermarti un attimo a riflettere se è necessario modificare qualcosa?

Il mio metodo è:

Perché?

Perché a mio avviso sono i Valori e gli Obiettivi che rendono più chiaro e intuitivo tutto il resto delle attività che fai oggi per i clienti.

Ti confermo ancora una volta, quindi, la mia idea di fondo: lascia agli altri la convinzione di essere i migliori e conserva per te la certezza che nella vita si può sempre migliorare.

Buon lavoro!

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