Come risolvere il paradosso della crescita della ricchezza?

Sul molo di un piccolo villaggio messicano, John, un turista americano si ferma a guardare la piccola imbarcazione di un pescatore locale.

“Complimenti! Quanto bel pesce. Quanto hai impiegato a pescarlo?” chiede incuriosito.

“Non molto!” risponde Xavier, il pescatore.

“Ma allora perché non sei restato più tempo a pescare?” ribatte John.

“Semplicemente perché la quantità pescata è esattamente quella necessaria a soddisfare le esigenze della mia famiglia!” risponde serafico Xavier.

A questo punto, incuriosito, John lo incalza: “Ma allora come impieghi il resto della tua giornata?”

“Dormo, gioco con i miei bambini, la sera vado al villaggio per incontrare i miei amici, suoniamo, beviamo qualcosa suonando la chitarra” risponde Xavier con un sorriso largo.

Questa risposta irrita profondamente John. È un atteggiamento del tutto incomprensibile: “Ti interrompo subito. Sai, io sono laureato ad Harvard e posso darti suggerimenti su come migliorare. Dovresti:

  • innanzitutto pescare più a lungo, per pescare più pesce;
  • in questo modo potresti vendere e guadagnare di più, per comprare una barca più grande;
  • se hai una barca più grande potresti pescare ancora più pesce e guadagnare ancora più soldi;
  • più soldi significherebbero più barche, addirittura un’intera flotta;
  • a questo punto potresti vendere il pescato alle industrie della lavorazione del pesce o lanciarne una di tua proprietà;
  • e se fai tutto bene potresti arrivare a trasferirti a Mexico City, Los Angeles o New York, da dove dirigerai un’impresa enorme!”

Xavier dubbioso replica:

“Quanto ci vorrebbe per fare tutto questo?”

“Più o meno 20-25 anni” azzarda John.

“E dopo?” continua il pescatore.

“E dopo, finalmente, potrai ritirarti dagli affari in un piccolo villaggio vicino alla costa e dormire fino a tardi, giocare con i bambini, pescare pesce, fare la siesta… goderti la vita”.

Xavier non risponde. Apre un sorriso tranquillo dai denti bianchi e se ne va.

La morale?

  • A seconda del contesto in cui vivono le persone, esistono “filosofie” distinte sull’uso della ricchezza e del tempo;
  • Quando la ricerca della ricchezza è fine a se stessa, diventa illusoria.

Già Adam Smith aveva avuto un’intuizione simile. Egli scriveva che: “il figlio nato in una famiglia povera lavora giorno e notte nella speranza di diventare ricco” pensando che “il ricco sia più felice perchè ha più mezzi”.

Questa illusione genera da un lato invidia sociale, mentre dall’altra rappresenta una delle leve che spingono verso una maggiore produttività e una maggiore crescita economica. Nelle nostre economie, tale meccanismo è portato all’estremo per il semplice fatto che esiste sempre un “gradino del lusso” superiore a quello che è stato raggiunto da una data persona in un dato momento.

Nonostante che questo congegno sia lanciato a folle velocità, esistono però delle forze contrarie che generano attrito e tendono a frenarlo.

A cosa mi riferisco?

Quando le persone non possiedono risparmi (o ne hanno molto pochi) sono contente se riescono a mettere qualcosa da parte. Anzi, sono ancora più contente se la loro ricchezza aumenta di qualche frazione.

Ben presto, però, interviene quello che è noto come il “paradosso Easterlin*” (1974). Easterlin dimostrò che la crescita della felicità umana non è direttamente proporzionale al crescere del benessere economico. Anzi, toccato un picco massimo, il grado di felicità non tende a crescere anche se la ricchezza aumenta. È la cosiddetta forma del “coperchio di pentola”:

paradosso easterlin o della ricchezza. al crescere della ricchezza non cresce parimenti la felicità

Il paradosso ha avuto moltissime conferme empiriche e misurazioni in vari paesi, tra i quali anche l’Italia** (2018):

anche per l'italia questa ricerca vale. al crescere del PIL non è cresciuta parimenti la ricchezza. anzi a partire dal 2000, è iniziata la curva discendente del coperchio della pentola

In generale, a livello individuale, il motivo di questa frenata è riconducibile al fatto che oltre un certo livello, soprattutto nel mondo contemporaneo, la ricchezza porta con sè preoccupazioni, paura di perderla e impegni mentali stressanti necessari per la sua gestione.

Il paradosso di Easterlin esiste, ma è risolvibile se alla base della gestione della ricchezza di una persona c’è il Goal Based Investing.

Quando i soldi risparmiati sono lo strumento per perseguire gli obiettivi delle nostre vite, come ad esempio:

  • arginare le incertezze della vita (SICUREZZA);
  • permetterci di mettere a frutto i nostri talenti (SCOPO/LIBERTA’);
  • aiutare le persone che amiamo o le cause a cui teniamo (DONO);

il patrimonio e la ricchezza tornano ad essere al servizio della nostra felicità e non contro.

La storia della ricerca e della gestione della ricchezza è cosa antica. Riassumerei la sua parabola così:

  • quando non ce l’hai, la vuoi;
  • quando ce l’hai, ti preoccupa;
  • quando ce l’hai e ti preoccupa, vuoi preservarla e mantenerla, più che farla crescere.

Qualora tu volessi puntare alla crescita senza vedere ridotta la felicità, invece, dovresti trovare uno scopo che ti accompagni oltre al semplice incremento della ricchezza fine a se stessa.

Vedi forse un altro modo per tirar su il coperchio della pentola? 🙂

Guardati intorno, ci sono decine di casi che hanno seguito questo percorso. Mi vengono in mente, ad esempio, diversi imprenditori che sono riusciti a coniugare scopo, crescita della ricchezza e felicità. Aiuta il tuo cliente a fissare lo sguardo su un obiettivo di vita.

Del resto Aristotele*** stesso osservava:

è chiaro che non è la ricchezza il bene da noi cercato: essa infatti ha valore in quanto “utile”, cioè in funzione di qualcos’altro”.

È stato forse uno dei primi filosofi del Goal Based Investing?

*https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Easterlin

**https://link.springer.com/article/10.1007/s11205-018-1890-7

*** Etica nicomachea Libro I, 5. I tre principali tipi di vita https://www.filosofico.net/eticaanicomaco1.htm

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