Ricchezza: non mi basti mai!

Jesse Livermore* è stato uno dei più grandi trader in azioni degli inizi del Novecento. Nel 1907, a soli

30 anni, aveva già accumulato una ricchezza pari a 100 milioni di dollari di oggi.

Nel 1929 era uno degli investitori più famosi al mondo.

Nel 1929 più di un 1/3 del valore del mercato azionario americano fu spazzato via in una settimana. Una settimana in cui nei decenni a venire quei giorni sarebbero stati chiamati Giovedì nero (24 ottobre), Lunedì nero (28 ottobre) e Martedì nero (29 ottobre). In pratica una settimana a lutto!

Il 29 ottobre la moglie di Livermore, Dorothy, aspettando il rientro del marito, temette il peggio. Si era infatti sparsa la voce che molti speculatori di New York si fossero suicidati.

Quando Jesse arrivò a casa era ancora turbato da quanto successo a lavoro. Inizialmente rimase in silenzio, poi però disse alla famiglia che, grazie ad una sua grande intuizione e a parecchia fortuna, aveva deciso di scommettere al ribasso.

Dorothy a questo punto chiese: “Vuol dire che non siamo rovinati?”

Jesse rispose: “No, anzi, ho appena concluso la mia migliore giornata di scambi: siamo ricchi sfondati e possiamo fare tutto quello che vogliamo”.

In un solo giorno Jesse Livermore guadagnò l’equivalente di oltre 3 miliardi di dollari al cambio di oggi.

Dopo le prodezze del 1929 Livermore, con grande stima in se stesso, iniziò a piazzare scommesse sempre più rischiose. Si trattava di scommesse non sempre vincenti, che, anzi, lo portarono alla fine, ad indebitarsi e a perdere tutto quello aveva accumulato.

Nel 1933, dopo solo 4 anni dal suo momento di maggior successo, povero e con gran vergogna sparì per due giorni. La moglie preoccupata mise un annuncio sul New York Times. Lo trovò, ma oramai la sua parabola discendente era diventata inarrestabile. 

La storia di Livermore esprime quanto non sia tanto importante la quantità di fama che si raggiunge (stock), quanto invece la traiettoria (flusso) a guidare le persone.

In 1 solo giorno Livermore era riuscito a guadagnare circa 3 miliardi di dollari, ma questa cifra non fu considerata abbastanza. Continuando a puntare alla crescita a tutti i costi, il nostro trader mise a rischio tutto il suo capitale fino a perderlo completamente.

Nel caso di Livermore, quindi, era il processo che produce la ricchezza più importante della ricchezza stessa!

Se ci pensi bene, chi più chi meno, tutti noi abbiamo sperimentato il Livermore effect.

Il patrimonio lordo (al lordo delle passività) delle famiglie italiane dal 2005 al 2020 è cresciuto di circa 2 trilioni (2.000 miliardi) di euro (da 9,1 euro tr a 11 euro tr).  Probabilmente dall’inizio di quest’anno, però, è sceso di circa 0,3 euro tr**.

patrimonio lordo famiglie italiane dal 2005 al 2020.

Il che, onestamente, fa male, ma non è così catastrofico come molti lo percepiscono.

Questo perché, come Livermore, chi investe spesso è più dipendente dal processo di diventare sempre più ricco che dal valore finale. Conta più la ricchezza in costante crescita che il totale della ricchezza accumulata.

Quando, come in questi mesi, parte della ricchezza si riduce, ecco che vediamo in giro clienti impauriti e contemporaneamente consulenti frustrati.

Invece, se guardassimo alla ricchezza nel suo complesso, probabilmente scopriremmo che la maggior parte di noi si ritroverebbe più ricco di quanto non fosse 10, 5 o 2 anni fa!

Questo modo di vivere il processo di accumulazione del denaro è naturale per molti. Penso però che negli anni, l’industria finanziaria non abbia fatto molto per metterne in evidenza gli elementi di debolezza.

Diciamolo chiaramente, la logica del non averne mai abbastanza, di non essere mai sazi, rende davvero intollerabile sopportare un momento di flessione della propria ricchezza.

D‘altro canto, questo modo di pensare è “tricky” non solo per gli investitori, ma anche per quei consulenti che pensano che il loro valore risieda principalmente nel far crescere il più possibile la ricchezza affidata dal cliente.

Tale convinzione, a mio avviso, rappresenta invece solo la metà del gioco. L’altra metà, quella che oggi è ancora troppo in ombra, è il punto di arrivo, ossia l’obiettivo per cui le persone combattono e accumulano le proprie ricchezze.

Questa consapevolezza non è un dettaglio a latere. E’ fondamentale invece per mantenere il focus sul futuro, sull’intera ricchezza e non solo sulla traiettoria di sviluppo di essa.

Mi rendo conto che riuscire a spostare l’attenzione dal solo tasso di rendimento alla quantità necessaria e sufficiente per raggiungere un obiettivo definito, necessiti di un grande impegno da parte tua.

Credo però anche che solo così si possa evitare la trappola: “la ricchezza: non basta mai”.

Il denaro compra la felicità nello stesso modo in cui le droghe danno piacere: se la spinta risiede nel “non è mai abbastanza”, il tutto può diventare molto pericoloso!

*”La Psicologia dei soldi” Morgan Housel e https://it.wikipedia.org/wiki/Jesse_Livermore

** E’ una mia stima (penso prudenziale) fatta applicando agli ultimi dati Banca d’Italia sulla ricchezza delle famiglie italiane (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/ricchezza-settori-istituzionali/2022-ricchezza-settori-istituzionali/index.html) una riduzione di valore pari al 15% per il totale delle attività finanziarie (ad esclusione dei depositi in conto) e una crescita del valore delle attività non finanziarie (abitazioni, altri immobili, …) pari al 2,5% per il primo semestre 2022 (il tasso Istat IPAB nel primo trimestre 2022 per le sole abitazioni è stato pari al +1,7% e ad 1 anno, ovvero rispetto al I trimestre del 2021 pari al 4,6%).

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