La consulenza finanziaria: un’impresa costruita sui talenti

La scorsa settimana molti di noi sono rimasti emotivamente colpiti dalla scomparsa di Ennio Doris.*

I messaggi di cordoglio sono arrivati da ogni dove (istituzioni, clienti, amici, concorrenti), a dimostrazione del fatto che egli fosse non solo un imprenditore geniale, ma anche un uomo gentile.

Come lui stesso amava dire, il suo successo era il frutto dei suoi talenti, che in una recente intervista** aveva sintetizzato nella capacità di:

  • costruire progetti, coinvolgendo la gente e
  • ascoltare.

I talenti di cui Ennio Doris parlava, sono anche i tuoi talenti (o quelli su cui avrebbe senso che tu puntassi) per lo sviluppo della tua impresa.

Cosa intendo quando dico “fare impresa” in relazione ad un consulente finanziario?

Prima di ogni cosa, un consulente finanziario dovrebbe essere costruttore di un bene comune, sia per le famiglie che per la comunità che serve. Questa aspirazione è un vero e proprio bisogno, che deve essere sentito per gli altri ma anche per se stessi, perchè occorre distinguersi dai tanti (probabilmente troppi) consulenti che hanno svilito la parola “imprenditore”.

Dico questo perché, a ben guardare, l’elemento comune alle idee imprenditoriali di successo è realizzare un progetto, spesso, insieme ad altri.

Un progetto, dove il profitto, che esiste necessariamente ed è un indicatore di sostenibilità, rimane sullo sfondo.

Questo non è un caso! Se guardi attentamente agli imprenditori di successo quando danno vita alla propria impresa, desiderano

realizzare un progetto, spesso legato ai propri talenti, che valorizzi i propri sogni o un’opportunità.

E’ il progetto il centro dell’impresa.

A questo punto, rifletti:

Qual è il tuo progetto d’impresa?

Pensaci seriamente. Perchè rendere chiaro il progetto a te stesso e agli altri, aiuterà enormemente a valorizzare la tua identità e la tua storia.

Il secondo talento che Ennio Doris nominava era l’ascolto.

Tutte le imprese devono essere in grado di ascoltare i propri clienti. Non solo perchè chi ha capacità di ascolto superiori alla media, riesce a comprendere prima degli altri i bisogni dei clienti, ma anche perchè l’ascolto porta con sé dei doni.

Tutto parte dal presupposto universale che le persone desiderano essere:

  • comprese
  • accettate
  • e non giudicate!

Ascoltare, di conseguenza, diventa un dono con un valore enorme per chi lo riceve.

Chiaramente, come tutte le cose di valore anche l’ascolto è abbastanza raro e il motivo risiede nel fatto che riuscirci davvero non è per nulla scontato. Saper ascoltare presuppone il fatto che il nostro “io” faccia un passo indietro.

Chi ci riesce, però, ha una marcia in più e riesce ad accelerare la costruzione del processo fiduciario con i propri clienti.

In campo psicoterapeutico, molte ricerche dimostrano che le persone che percepiscono di essere realmente ascoltate:

  • a loro volta ascoltano di più;
  • sono più propense a chiarire i loro pensieri (riflettere);
  • e le loro emozioni;

con chi le ascolta.

Robert Cialdini, psicologo americano, riassume il principio universale alla base dell’ascolto così:

Donare ascolto attiva il principio di reciprocità!

In generale, tale principio di reciprocità è tanto più forte, quanto più il dono risulta essere:

  • Significativo (l’ascolto lo è);
  • Inatteso (l’ascolto è piuttosto raro);
  • Personalizzato (coinvolgente e puntuale).

L’ascolto diventa quindi lo strumento appropriato, non solo per comprendere, ma anche per donare qualcosa di nostro.

L’esperienza pratica dell’applicazione del Goal Based Investing conferma questo ragionamento, soprattutto all’interno del Discovery Meeting: il meeting dedicato alla scoperta dei valori e degli obiettivi del cliente.

È ormai prassi consolidata che, dopo aver fatto una serie di domande che fanno riflettere:

  • tu, consulente, doni ascolto ai tuoi clienti;
  • i clienti, dal canto loro, si aprono e ti donano qualcosa di prezioso: i loro valori e i loro obiettivi;

Tu consulente diventi così, agli occhi dei prospect o dei clienti, co-creatore e custode degli elementi più preziosi della loro vita (valori e obiettivi).

E, a maggior ragione, da quel momento in poi, essi si aspetteranno da te che la catena di reciprocità permanga, continuando a ricambiare attenzione e fiducia.

Tutte le forme di realizzazione hanno un aspetto paradossale: “sembra che l’ “io” venga dimenticato e invece ne esce arricchito. Quando fai un lavoro per il piacere di farlo non pensi a te stesso, quando ammiri e comunichi indietreggi sullo sfondo. Eppure, ogni volta, rafforzi la tua esistenza”***.

Un tributo, dunque, ai talenti di Ennio Doris, che sono talenti che tutti noi dovremmo (e possiamo) coltivare meglio.

*Io sicuramente, visti anche i miei trascorsi all’interno del Gruppo Mediolanum all’inizio della mia carriera.

**https://www.avvenire.it/attualita/pagine/e-morto-ennio-doris-aveva-81-anni

*** T. Todorov “La vita in comune” 1998

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