Teorie del complotto e mercati finanziari: è anche una questione di tempo

Venerdì mattina, ho preso un caffè insieme ad un’amica consulente. Era un po’ di tempo che non ci incontravamo e per questo ci siamo aggiornati sulle nostre reciproche attività. “Ma sai, Luciano” mi raccontava “dopo 3 anni di pandemia, guerra, inflazione galoppante e stagflazione all’orizzonte, mi trovo sempre più spesso a parlare con clienti che gridano ‘Al complotto! Al complotto!’ E di complotti vari ce ne è quanti ne vuoi! Mille gusti…” Questa confidenza mi ha colpito perché Carmela, la consulente, non è la prima a farmela. Da qualche tempo a questa parte, la stessa affermazione mi è stata riportata anche da altri.

La preoccupazione tangibile è la stessa. “E’ sempre più difficile parlare di futuro e di investimenti. Luciano” continuava “ma cosa posso fare? È difficile per me evitare l’argomento o dare risposte di circostanza perché alla fine, rimane una sensazione di distacco e ognuno resta poi sulle sue!”

Ovviamente non esiste una risposta semplice, ma partirei col rispondere alla domanda: perchè sempre più persone credono alle diverse teorie di complotto?

Purtroppo la storia e la cronaca ci dicono ogni giorno che i presidenti possono dire bugie, le amministrazioni e le imprese possono corrompere per raggiungere scopi illeciti, i militari possono falsificare prove per scatenare guerre, i gestori di fondi di investimento possono consorziarsi per speculare su una asset class o un mercato, i capi ufficio e i colleghi possono far comunella per farti uno sgambetto. Essere o diventare sospettosi è dunque comprensibile. Anzi, guardando alla propria esperienza di vita, credo che sia capitato a tutti di trovarsi in un momento della propria vita in cui abbiamo pensato che il mondo ce l’avesse con noi.

Come scrive Rob Brotherton in “Menti sospettose”*, tutti quanti siamo un po’ complottisti. “Di certo non tutti pensiamo che l’allunaggio sia stato un falso storico, che la Terra sia piatta o governata in segreto da una stirpe di lucertoloni extraterrestri, ma il pensiero cospirativo è un’abitudine radicata e quotidiana. Spesso non ce ne accorgiamo perchè i nostri complotti non hanno a che fare con idee assurde, ma il meccanismo di molti pensieri è del tutto simile.”

Il cliente “complottista” non ha all’improvviso messo il paraocchi. Egli cerca solamente di spiegare il mondo con gli strumenti che ha a sua disposizione, avendo per obiettivo la riduzione o il controllo dell’ansia che prova.

A supporto di questo, noterai che i complotti nascono e si diffondono di pari passo alle storie dai contorni poco comprensibili. Avvenimenti poco chiari che lasciano la maggioranza della gente senza spiegazioni veloci e convincenti. Pensiamo a:

  • l’omicidio Kennedy;
  • l’11 settembre;
  • gli UFO;
  • le scie chimiche;
  • l’uomo sulla Luna;
  • Bin Laden;
  • i massoni;
  • gli Illuminati;
  • Lady D;
  • i protocolli dei Savi di Sion;
  • i rettiliani;
  • il Grande Reset;
  • il Nuovo Ordine Mondiale;
  • il Bitcoin**.

Per rispondere alla domanda posta poco fa, potrei replicare quindi, che le teorie del complotto sono “modi semplici di raccontare storie complicate”.

Comprendere e dare significato al perché le persone credono alle diverse teorie del complotto rappresenta però solo la prima “metà della mela”. L’altra metà ha a che fare con la voglia di agire insita in ciascuno di noi.

L’immaginazione umana è sconfinata, ma i racconti sussurrati intorno ad un fuoco o in un podcast in streaming alla fine hanno schemi ricorrenti. Christopher Booker ha riassunto le varie tipologie di racconti in solo 7 differenti generi (“The Seven Basic Plot”). Joseph Campbell addirittura riassume tutte le epopee umane in un unico genere: il viaggio dell’Eroe.

Generalizzando, se volessi spiegare la trama (denominatore comune) delle varie storie di complotto, potrei riassumerla così:

  1. qualcosa ci colpisce;
  2. vogliamo capire cosa sta accadendo, tentando di semplificare la complessità;
  3. creiamo una storia, dando la responsabilità a qualcuno o a qualcosa per poi impostare la difesa;
  4. iniziamo a lottare perchè, pensando di aver scoperto un segreto gelosamente custodito da personaggi potenti, ci sentiamo nel nostro piccolo come eroi e novelli Robin Hood che devono combattere contro un malvagio sceriffo.

Adesso possiamo tentare di dare una risposta alla domanda: come possiamo dialogare con un cliente che ha una visione complottista della finanza o del mondo degli investimenti?

Argomentare con fatti, dati e numeri può servire solo in alcuni casi. A mio avviso un approccio “scientifico” può avere un effetto preventivo solo su chi non conosce ancora una data teoria e può così sfuggirne al fascino. Invece quando la teoria ha già preso forma nella mente della persona, insistere cercando di smontarla ha il solo effetto di irrigidire il nostro interlocutore, rafforzandone il convincimento.

Se abbiamo bene in mente che le logiche complottiste offrono da un lato conforto e dall’altro raccontano la storia della lotta tra bene e male (dove naturalmente l’interlocutore sta dalla parte del bene), è evidente quindi che la strada da percorrere diventa molto stretta. I contorni che saranno argomento di discussione dovranno riguardare unicamente la storia in questione e non l’identità della persona di fronte a noi.

Nella mia esperienza ho cercato di uscire da queste situazioni rispondendo alle domande con altre domande, in modo da evidenziare una contraddizione nella tesi dell’interlocutore.

La prima domanda che mi viene spontanea fare è:

Perché hai deciso di mettere tutte le uova nello stesso paniere?

Non lo facciamo quasi mai nella vita quotidiana.

  • Se hai problemi di salute, ti fermi al primo parere o chiedi un secondo consulto?
  • Se devi scegliere un ristorante, hai una rosa di ristoranti preferiti?
  • Secondo la stessa logica, quando devi investire, non diversifichi in più classi di attivo?

Sappiamo che ci sono molti sentieri per capire la realtà che ci circonda. Perché allora smettere di cercare? Perché pensare che una unica fonte sia sufficiente?

La seconda domanda che farei è:

Chi ci guadagna? O chi ci ha guadagnato?

In teoria dovrebbero guadagnarci sempre gli artefici del complotto, ma non è sempre così.

Guardando ai mercati finanziari e alla loro storia si capisce subito chi ci guadagna (o ci ha guadagnato) e chi no.

L’elemento discriminante è il tempo.

È vero, il breve termine può essere il terreno di caccia di coloro i quali alimentano teorie complottiste. Questi agitando le acque e usando uno schema mentale di questo tipo:

flusso del complotto

possono spingere gli investitori in campi poco sostenibili o forzarli psicologicamente a fare mosse avventate.

Nel lungo termine però, i risultati parlano chiaro: ci guadagnano tutti quelli che con pazienza hanno mantenuto il loro investimento diversificato nel tempo.

Si tratta naturalmente di tentativi, non è detto che si riesca ad accendere lo spirito critico del cliente, ma non dobbiamo mai perdere la speranza di piantare il seme del dubbio e sperare che col tempo metta radici.

In bocca al lupo!

*https://www.amazon.it/Menti-sospettose-Perché-siamo-complottisti/dp/8833936775/ref=sr_1_1?adgrpid=54148478098&gclid=CjwKCAiAmuKbBhA2EiwAxQnt76dMMFO0IT1FCpAT6pSJY7cEILjLk75TrFlVlkHoTcwPXueU-zz2mBoCt7gQAvD_BwE&hvadid=255155020291&hvdev=c&hvlocphy=1008430&hvnetw=g&hvqmt=e&hvrand=12532138414014150418&hvtargid=kwd-299493806854&hydadcr=19979_1757293&keywords=menti+sospettose&qid=1668849865&qu=eyJxc2MiOiIwLjU2IiwicXNhIjoiMC4yMyIsInFzcCI6IjAuMTkifQ%3D%3D&sr=8-1

** Sul Bitcoin c’è chi pensa che:

– sia una invenzione della National Security Agency (NSA) americana e che Satoshi Nakamoto, l’uomo del Bitcoin, sia uno pseudonimo creato dalla NSA;

– oppure un’invenzione della Cina nel tentativo di destabilizzare il Dollaro USA.

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