Timori nel trasferimento della ricchezza tra generazioni (1/2)

Durante la pausa estiva ho avuto modo di riflettere su un argomento che scotta, forse persino più del sole d’agosto.

Di cosa parlo?

Del trasferimento di ricchezza tra la generazione più anziana e quella più giovane.

Questo è un problema che viene da lontano. Lo so! Certo è, che sotto l’ombrellone e in piena campagna elettorale, questo tema è stato citato più volte per i noti problemi di diseguaglianza tra generazioni.

Proviamo a rifletterci insieme …

Pensa ad uno dei tuoi clienti che corrisponde a questo identikit: persona in età pensionabile in buone condizioni economiche attuali e che molto probabilmente non riuscirà a spendere tutti i soldi accumulati nel corso della vita.

Penso tu abbia presente un tuo cliente tipo. Io lo chiamerò Mario, perché se chiudo gli occhi visualizzo lui.

La frase ricorrente che Mario dice è: “Ormai è più la strada fatta che quella da fare! Speriamo almeno di stare bene nel pezzo restante!”

Quando penso a Mario, mi trovo a pensare che, a meno che la morte non sopraggiunga ad una età pluricentenaria, con il suo patrimonio potrà stare tranquillo per se stesso e per quanto potrà lasciare ai suoi parenti più prossimi.

E qui nasce la questione: quando si è di fronte al problema di come e quando “dare” agli altri, come si affronta questo argomento? Perché è indubbio che questa esperienza sia estremamente carica di emozioni e di timori!

Sono consapevole che questo argomento sia complesso e dalle mille sfaccettature, ma voglio comunque provare a ragionarci, guardando ad alcuni semplici aspetti.

Per far questo parlerò in termini di paradossi e nello specifico di “paradossi del dare”.

Vista l’ampiezza dell’argomento, mi trovo obbligato a suddividere il mio pensiero in due articoli. In questo ti parlerò del primo paradosso, che è di natura teorica e pratica.

Gli economisti hanno constatato da più di un centinaio di anni, che la gran parte delle persone devono essere pagate per differire i propri consumi.

Ad esempio, se il nostro nonno Mario desiderasse una macchina nuova, con molta probabilità la vorrebbe subito e non tra 2 anni. D’altro canto, invece, se la banca pagasse per i soldi depositati in conto un tasso d’interesse più alto dell’aumento previsto del costo delle macchine nuove, Mario potrebbe persino valutare di mantenere i soldi in banca e rimandare l’acquisto di un’auto migliore tra 2 anni, avendo così a disposizione più soldi da poter spendere.

Per spiegare questo fenomeno gli economisti dicono che il futuro è “discounted” ovvero “attualizzato”.

In base a questo principio, se il mio amico Mario decidesse di donare parte del patrimonio ad uno o più eredi, cosa dovrebbe fare? Donare adesso o posticipare?

Per l’attualizzazione la strada sarebbe chiara, questa suggerirebbe due motivi per donare adesso e non dopo, perché:

  1. Mario si godrebbe in vita il piacere di aiutare le persone a cui vuol bene e di godere della loro gratitudine;
  2. il beneficiario, ricevendo la donazione prima, potrebbe iniziare a realizzare i progetti di vita propri o della famiglia.

Questa doppia attualizzazione dovrebbe risolvere il problema. Ma è davvero così?

Non direi proprio.

In realtà, la stessa attualizzazione potrebbe anche giustificare il differimento.

Pensiamo al caso in cui Mario abbia la ragionevole certezza di poter offrire una donazione maggiore in futuro, lasciando il proprio denaro attualmente investito così com’è, grazie ad un tasso di rendimento maggiore di quanto oggi il beneficiario non riuscirà ad ottenere.

A questo punto del discorso, conoscendo i principi dell’investimento, starai pensando: “teoricamente è difficile che Mario alla sua età, con una propensione al rischio che cala all’aumentare dell’età stessa, possa ottenere tassi di rendimento dai suoi investimenti maggiori rispetto a persone più giovani che invece hanno la possibilità di investire per periodi di tempo più lunghi e con una maggiore quantità di asset di rischio”.

Vedi, anche la tua obiezione supporterebbe la decisione di Mario di donare subito e non aspettare.

Peccato però, che Mario (e i clienti come lui) non sia sicuro che il futuro della famiglia sarà così come lo immagina e questo timore lo spinge a rimandare…

In altre parole, intenzionalmente o meno, i clienti più anziani e più facoltosi, spesso si astengono dalle “spartizioni” in vita, per non influenzare in maniera esplicita il comportamento dei propri familiari.

Possiamo definire il motivo di questo differimento come “valore d’opzione”.

Mario possiede un’opzione il cui valore cresce man mano che aspetta. Ciò accade perché, con il tempo, Mario riesce ad ottenere maggiori informazioni sui comportamenti dei familiari e su eventuali allocazioni alternative del proprio patrimonio. In altre parole Mario non è convinto e, prima di agire, vuole vedere e capire.

In questi casi il “valore d’opzione” prevale su qualsiasi argomentazione a favore del donare subito.

Aspettare conviene, perchè Mario:

  • col passare del tempo accresce le proprie informazioni e conoscenze sulla situazione familiare e sulle opportunità a sua disposizione;
  • mantiene comunque un rendimento dagli investimenti;
  • prova a preparare al meglio i beneficiari all’uso del capitale donato.

L’unico svantaggio di tale scelta è che Mario, così facendo, posticipa il piacere derivante dal donare e dal fare del bene.

Questo primo paradosso del dare ha quindi a che fare con il procrastinare il trasferimento del patrimonio in modo da ottenere maggiori informazioni dalla vita del donante (non sappiamo cosa accadrà a Mario negli anni a vanire) e dalla vita dei beneficiari (gli affetti o gli enti di beneficenza).

Il punto rimasto aperto, che proverò a chiudere nel prossimo articolo, è:

come è possibile che questa strategia del differimento ad un certo punto lasci spazio ad una donazione consapevole?

Ma per scoprire questo, dovrò introdurre il secondo paradosso. Vi aspetto quindi la prossima settimana.

A presto! 

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